IC POLVERIGI

Lettera di saluto e augurio a.s. 2017-2018

Alle famiglie e agli studenti, al personale docente e non docente

Carissimi,

prima dell’inizio delle lezioni per il nuovo anno scolastico, desidero condividere con Voi alcune intenzioni educative e pedagogiche ma, ancor prima, comunicarVi che sono onorata di dirigere l’Istituto Comprensivo “M. Ricci”, assegnatomi dal 1° settembre 2017.

Con spirito di servizio, con autentico senso di umiltà e con il massimo impegno, mi accingo anch’io ad iniziare l’anno scolastico nelle mie funzioni di Dirigente Scolastico. Nei pochissimi giorni che hanno preceduto l’avvio dell’attività didattica, ho avuto la possibilità di Incontrare docenti e personale non docente, di cui mi è stato possibile apprezzarne la serietà, la responsabilità, l’impegno profuso e la competenza. Ingredienti e virtù, oserei dire, imprescindibili per garantire un modello di scuola quale ambiente di apprendimento, orientato ai saperi, alla progettualità didattica, ai valori, condizioni di esercizio dei diritti e doveri di una cittadinanza attiva e partecipata, nel rispetto dei principi costituzionalmente sanciti. Una scuola, dunque, inclusiva, attenta a promuovere l’educazione e la formazione della persona, attenta ad accompagnare tutti e ciascuno nel cammino di crescita culturale e umana, valorizzandone l’unicità e l’irripetibilità, affinché ciascuno possa esprimere il potenziale di sviluppo. Tale idea, che sottende una scelta antropologica e interpreta l’idea di educabilità, come capacità propria dell’uomo di riflessione che si impara attraverso la pratica, valorizza la centralità dello studente nei processi di costruzione della conoscenza, l’attenzione ai suoi bisogni e ai suoi stili cognitivi e di apprendimento, nell’ottica della personalizzazione dei percorsi, attraverso strategie innovative, attive e significative che muovano dall’esperienza, volte a favorire l’autonomia personale, garantendo a ciascuno, accanto al diritto ad apprendere, la crescita culturale ed umana.

A tali obiettivi – sento il dovere di sottolineare – partecipano, dando il loro preziosissimo contributo, il Direttore Amministrativo, il personale di segreteria, i collaboratori scolastici, che ogni giorno rendono possibile l’organizzazione delle attività didattiche, nonostante le varie difficoltà che nel quotidiano ci si trovi ad affrontare nella vita scolastica.

Mi auguro, come Dirigente e come formatore-educatore che ha a cuore il benessere dei ragazzi, che tutti Voi possiate condividere le mie riflessioni. Il mio auspicio che, insieme, si possa creare un’alleanza, una comunità educante attiva, in cui la dimensione collegiale costituisca davvero un momento di riflessione partecipata, nel rispetto dei ruoli e dei valori universalmente condivisi e perché quanto costruito sui banchi di scuola, non sia solo un piccolo modello del mondo esistente, ma uno stimolo per le menti e per le sensibilità delle nuove generazioni ad immaginare il loro mondo futuro.

E’ un vero piacere augurare a Voi tutti, famiglie e studenti, docenti e non docenti, personale della comunità scolastica, un buon inizio di anno scolastico 2017/2018, nella certezza che condivideremo la volontà e l’impegno necessari affinché possa essere per i nostri ragazzi un anno ricco di scoperte, di conoscenze, di momenti felici di vita comune, e per i docenti un anno ricco di esperienze professionali soddisfacenti, vissute con un’intensa partecipazione alla crescita umana, intellettuale e civile.

Il Dirigente scolastico

Prof.ssa M. Alessandra Bertini

Mi permetto, inoltre, di suggerirVi la lettura di due articoli che racchiudono, a mio avviso, le intenzioni augurali migliori agli studenti.

«Il primo giorno che vorrei»

Che cosa avrei voluto sentirmi dire il primo giorno di scuola dai miei professori o cosa vorrei che mi dicessero se tornassi studente? Il racconto delle vacanze? No. Quelle dei miei compagni? No. Saprei già tutto. Devi studiare? Sarà difficile? Bisognerà impegnarsi di più? No, no grazie. Lo so. Per questo sto qui, e poi dall’orecchio dei doveri non ci sento. Ditemi qualcosa di diverso, di nuovo, perché io non cominci ad annoiarmi da subito, ma mi venga almeno un po’ voglia di cominciarlo quest’anno scolastico. Dall’orecchio della passione ci sento benissimo. Dimostratemi che vale la pena stare qui per un anno intero ad ascoltarvi. Ditemi per favore che tutto questo c’entra con la vita di tutti i giorni, che mi aiuterà a capire meglio il mondo e me stesso, che insomma ne vale la pena di stare qua. Dimostratemi, soprattutto con le vostre vite, che lo sforzo che devo fare potrebbe riempire la mia vita come riempie la vostra. Avete dedicato studi, sforzi e sogni per insegnarmi la vostra materia, adesso dimostratemi che è tutto vero, che voi siete i mediatori di qualcosa di desiderabile e indispensabile, che voi possedete e volete regalarmi. Dimostratemi che perdete il sonno per insegnare quelle cose che – dite – valgono i miei sforzi. Voglio guardarli bene i vostri occhi e se non brillano mi annoierò, ve lo dico prima, e farò altro. Non potete mentirmi. Se non ci credete voi, perché dovrei farlo io? E non mi parlate dei vostri stipendi, del sindacato, della Gelmini, delle vostre beghe familiari e sentimentali, dei vostri fallimenti e delle vostre ossessioni. No. Parlatemi di quanto amate la forza del sole che brucia da 5 miliardi di anni e trasforma il suo idrogeno in luce, vita, energia. Ditemi come accade questo miracolo che durerà almeno altri 5 miliardi di anni. Ditemi perché la luna mi dà sempre la stessa faccia e insegnatemi a interrogarla come il pastore errante di Leopardi. Ditemi come è possibile che la rosa abbia i petali disposti secondo una proporzione divina infallibile e perché il cuore è un muscolo che batte involontariamente e come fa l’occhio a trasformare la luce in immagini. Ci sono così tante cose in questo mondo che non so e che voi potreste spiegarmi, con gli occhi che vi brillano, perché solo lo stupore conosce. E ditemi il mistero dell’uomo, ditemi come hanno fatto i Greci a costruire i loro templi che ti sembra di essere a colloquio con gli dei, e come hanno fatto i Romani a unire bellezza e utilità come nessun altro. E ditemi il segreto dell’uomo che crea bellezza e costringe tutti a migliorarsi al solo respirarla. Ditemi come ha fatto Leonardo, come ha fatto Dante, come ha fatto Magellano. Ditemi il segreto di Einstein, di Gaudì e di Mozart. Se lo sapete ditemelo. Ditemi come faccio a decidere che farci della mia vita, se non conosco quelle degli altri? Ditemi come fare a trovare la mia storia, se non ho un briciolo di passione per quelle che hanno lasciato il segno? Ditemi per cosa posso giocarmi la mia vita. Anzi no, non me lo dite, voglio deciderlo io, voi fatemi vedere il ventaglio di possibilità. Aiutatemi a scovare i miei talenti, le mie passioni e i miei sogni. E ricordatevi che ci riuscirete solo se li avete anche voi i vostri sogni, progetti, passioni. Altrimenti come farò a credervi? E ricordatemi che la mia vita è una vita irripetibile, fatta per la grandezza, e aiutatemi a non accontentarmi di consumare piccoli piaceri reali e virtuali, che sul momento mi soddisfano, ma sotto sotto sotto mi annoiano… Sfidatemi, mettete alla prova le mie qualità migliori, segnatevele su un registro, oltre a quei voti che poi rimangono sempre gli stessi. Aiutatemi a non illudermi, a non vivere di sogni campati in aria, ma allo stesso tempo insegnatemi a sognare e ad acquisire la pazienza per realizzarli quei sogni, facendoli diventare progetti. Insegnatemi a ragionare, perché non prenda le mie idee dai luoghi comuni, dal pensiero dominante, dal pensiero non pensato. Aiutatemi a essere libero. Ricordatemi l’unità del sapere e non mi raccontate l’unità d’Italia, ma siate uniti voi dello stesso consiglio di classe: non parlate male l’uno dell’altro, vi prego. E ricordatemelo quanto è bello questo Paese, parlatemene, fatemi venire voglia di scoprire tutto quello che nasconde prima ancora di desiderare una vacanza a Miami. Insegnatemi i luoghi prima dei non luoghi. E per favore, un ultimo favore, tenete ben chiuso il cinismo nel girone dei traditori. Non nascondetemi le battaglie, ma rendetemi forte per poterle affrontare e non avvelenate le mie speranze, prima ancora che io le abbia concepite. Per questo, un giorno, vi ricorderò.

Alessandro d’Avenia, in «Avvenire», 10 settembre 2011

«Lettera a un ragazzo che comincia un nuovo anno scolastico»

Cari ragazzi, si ricomincia e la prima nota della sinfonia che aprirà quest’anno è l’appello. Chi lo pronuncia è il maestro di un’orchestra speciale, in cui ognuno suona secondo il suo timbro unico e personale. Lo spartito è la grande armonia che siete chiamati a diffondere nel mondo, come singoli e come gruppo. Verrà pronunciato il vostro nome, come una chiamata, a cui potete rispondere solo voi. Ma “come si fa a vivere la modernità senza fare schifo?” si chiede prosaicamente l’incipit di una canzone, intuendo che una vita (e quindi una scuola) basata esclusivamente su risultati e procedure e non sulle persone genera stanchezza. Mi piacerebbe che a rispondere non fosse la noia che caratterizza la scuola, perché tra le cose capaci di riempire il cuore e la testa di una persona c’è proprio la conoscenza, e se la conoscenza diventa una noia e genera apatia, allora non è conoscenza, allora non è scuola. Diceva un classico antico che “nutre la mente soltanto ciò che la rallegra”, per questo sono convinto che non vi serva una scuola divertente, ma una scuola interessante, perché la mente e il cuore si rallegrano quando sono afferrati dalla bellezza. Un filosofo greco scrisse che la parola “bello” (kalòs) deriva dal verbo “chiamare” (kalèo). Si tratta di una falsa etimologia, ma l’intuizione di fondo è vera. La bellezza è una chiamata, perché la bellezza mostra l’unicità di qualcosa che è uscito dall’anonimato e ha raggiunto il suo compimento, la bellezza trasforma in volto ciò che è indistinto e senza identità. Per questo studierete Socrate, Dante, Colombo, Caravaggio, Newton, Darwin, Einstein… perché furono tutti rapiti dalla chiamata della realtà a penetrarne il segreto, ciascuno con il suo strumento nella grande orchestra della storia umana. Le loro vite si riempirono di senso, perché non rinunciarono a quella chiamata, per questo Dostoevskij faceva urlare a uno dei suoi personaggi che si può a fare a meno di quasi ogni cosa: “ma senza la bellezza no, perché allora non avrà assolutamente nulla da fare al mondo! Tutto il segreto è qui, tutta la storia è qui! Non inventerete nemmeno un chiodo!” E non sono i limiti di una scuola spesso scalcinata e abbandonata a se stessa a costituire i confini della vostra chiamata alla pienezza, anzi spesso dovrete ribellarvi di fronte a muri e umani che non ricordano più il senso di quell’appello. Ma non nascondetevi dietro i facili alibi con i quali spesso giustificate la vostra mancanza di impegno e di passione, dipende soprattutto da voi: la libertà che tanto cercate negli anni di scuola non è solo quella di “liberarsi da” qualcuno che impone delle regole, ma è soprattutto diventare “liberi per” raggiungere la pienezza e l’altezza del nostro breve vivere. Se non trovate bellezza a scuola siete per metà spacciati, perché passerete la metà delle vostre ore di veglia dietro a banchi e libri, e saranno ore sprecate, buttate via, nell’età vostra fatta per sperare oltre ogni speranza, con un eccesso che è tipico dell’adolescenza. Un ragazzo, stufo della noia a cui lo costringeva l’ambiente in cui era cresciuto, sentendosi chiamato a grandi cose, decise di scappare di casa e scrisse una lettera a suo padre in cui diceva: “Preferisco essere infelice che piccolo, e soffrire piuttosto che annoiarmi”. La fuga fallì, ma rimase la sostanza di quella ribellione che lo portò a diventare il nostro più grande poeta moderno: Giacomo Leopardi. Questo vi auguro per quest’anno, essere disposti a rispondere a quella chiamata al compimento piuttosto che annoiarvi, affrontando anche difficoltà e fatiche pur di non accontentarvi di una vita piccola, piena di alibi e vittimismo. Quando sentirete il vostro nome all’appello del primo giorno di scuola, ricordatevi che siete lo strumento indispensabile, qualsiasi esso sia, di un’orchestra chiamata a suonare lo spartito del futuro.

Alessandro D’Avenia, in «La Stampa», 12 settembre 2016